Fotta

Verde Alpi

Foto: Federico Casella Testi: Pietro Tirelli

“Perché sforzarsi di fare qualcosa quando puoi benissimo lasciarlo fare a qualcun altro?”

Magari molto più bravo di te a farlo.

Martino Cattaneo, Bs invert, foto Federico Casella

Il concetto del Do It Yourself è sempre stato nucleo vitale, genesi di questo mondo. Come quando da bambino rubavi tre assi di legno e qualche chiodo dalla cantina dei tuoi per provare a costruirti una rampetta da usare con gli amichetti nel parchetto sotto casa, così lo stesso atto fisico, la stessa crescita personale di uno skateboarder, è un processo (quasi interamente) DIY.

Si, ma non siamo più bambini, iniziamo ad essere vecchi, senza dubbio pigri, goffi e privi di idee, e l’unica crescita personale a cui assistiamo da tempo è quella delle nostre acconciature. Quindi perché sforzarsi di fare qualcosa quando puoi benissimo lasciarlo fare a qualcun altro molto più bravo di te, e finalmente godersi il sogno tanto ambito di una vita passata a contemplare il Do It Yourself degli altri. A maggior ragione, in un ambiente così ospitale e esteticamente gradevole come il circondario degli skatepark DIY delle Alpi e in compagnia di bei giovani capaci e deliziosamente educati e interessanti, la posizione dello spettatore prende una prospettiva troppo dolce e comoda per essere lasciata vacante.

E, guarda caso, il mio culo ha esattamente la stessa forma di quella poltrona.

Marco Giordano, Fs Loop Ride, foto Federico Casella

Questo punto di vista è prevalentemente privo di rischi e di azione, quindi si potrebbe pensare privo di particolare bagaglio emotivo, ma cosa è veramente meglio lo lascio scegliere a voi. Abbracciare con ginocchia, gomiti e faccia più piani inclinati di cemento al giorno? Oppure concentrarsi sul respirare la stessa aria che respirano le montagne, alzare gli occhi e cercare i rapaci diurni nel cielo azzurro e godere di questo regalo, mentre qualcuno si prende le botte al posto tuo? Queste noie le lascerei per quando si è sotto il triste cielo di piombo della triste metropoli e non altre occasioni.

Nel nostro girovagare tra Austria, Svizzera e Francia ho trovato tutto pronto, ho solo dovuto allungare la mano e prendere. Come un alveare vuoto di api ma pieno di miele, appeso al ramo più basso dell’albero: un invito che non farebbe gola solo ad una faina molto stupida.

Ora tutta la responsabilità che è gravata sulla mia schiena rotta è stata quella di acquistare casse di birra e ogni tanto qualche bottiglia di liquore alle erbe da adagiare al fresco negli svariati refrigeratori dei quali ogni posto dove abbiamo campeggiato abusivamente ma con invito era dotato, ed eventualmente dissetarmici assieme agli amici con i quali ero arrivato e soprattutto agli amici incontrati sul posto. Così ho assistito a molteplici spettacoli e prove di destrezza su sculture cementine di fattezza sopraffina, tutte incorniciate di verde e sorvegliate dall’alto dalla catena montuosa più bella d’Europa.

Pepe Tirelli, Hippie Jump, foto Federico Casella

Marco Giordano, Fs Ollie Monkey, foto Federico Casella

E come un giovane in tempi di pace ascolta le storie di guerra e i racconti dei veterani, si con occhi di ammirazione, ma sicuramente contento, dentro di sé, di non averci avuto nulla a che fare, così ho ascoltato storie di calde estati passate a tirar su enormi ciotole di terra, ferro, sabbia e acqua, onde argentate che non si infrangono mai. Sorseggiando qualcosa e accendendomi una sigaretta, poi, ho chiuso gli occhi e mi sono goduto il dolce suono dell’uretano che accarezzava quelle stesse onde perfette e subito il silenzio del volo e poi di nuovo quella lunga carezza.

Non vorrei essere frainteso e passare per uno di quelli che ha dato le dimissioni dallo skateboarding, mi piace ancora farlo. A parer mio però, la contemplazione di quest’ultimo è un’attività molto sottovalutata e spesso praticata in modo sbagliato. Quest’idea che la figura dello skater sia interpretata da un giovane atleta tutto sport e poco intelletto e gioia di vivere le meraviglie della natura mi sta sempre più stretta e sono convinto che ci sia un percorso interiore, a ritroso, da intraprendere, fatto di piccoli gesti, per poter tornare a apprezzare il mondo così com’è, privo di inutili fatiche e gare di ego.

Daniel "Schianta" Lepori, Fs Feeble, foto Federico Casella

Marta Pruni, Bs Carve, foto Federico Casella

Bisogna innanzitutto crearsi o avere a disposizione la giusta situazione, una buona compagnia, un alcolico freddo, un pacchetto di Gauloises e una giusta dose di noia e frustrazione. Una sedia o comunque un posto comodo e ben posizionato, che si presta all’osservazione dello spazio circostante e di chi ci sta dentro nella sua totalità, all’ombra e arieggiato se fa molto caldo, o sotto i raggi UV se ti senti anche di abbronzarti durante la tua contemplazione. Non è vero poi che non ci sia della partecipazione al “lavoro” nello stare seduti a godersi la session.

Bisogna metterci la voce, urlare, motivare e ovviamente dare consigli utili su come chiudere un trick che non hai mai nemmeno provato in vita tua. Bisogna giostrarsi tra telefoni e casse e scegliere la giusta colonna sonora per l’occasione. E bisogna inventarsi sempre una nuova sfida o un nuovo premio da promettere a chi sta skateando, cercando di convincerli a provare qualcosa di molto stupido o molto difficile per il tuo intrattenimento personale, come gladiatori mutilati per il divertimento di un grasso imperatore disteso a mangiare acini d’uva.

Daniel "Schianta" Lepori, Fs Noseblunt, foto Federico Casella

Non dovendo assolutamente niente, come skater, alla redazione di questa rivista, inoltre, nel seguire questa strada sono anche completamente sollevato di qualsiasi senso di colpa lavorativo e personale. Dopotutto, uno mica si arrabbia o ci rimane male se qualcun altro non chiude il trick. Come si dice “vince lo sport”. E il campionato a cui partecipo è quello di non fare un cazzo. E troppo pigro per salire sul podio a ritirare mazzo di fiori e medaglia, invece penso a nuovi modi di sdraiarmi ancora più comodo e ammirare l’impegno altrui.

Dopo una giornata passata a rilassarmi al fresco è ovvio che la sera vorrei andare a esplorare qualche bar e divertirmi in giro, e quello che mi sento dire in risposta sono cose tipo: “Sono stanco”, “Non ho voglia di guidare” o “Fottiti”.

Prendersi troppo sul serio è da tempo la rovina di questa attività, ormai completamente asciugata di tutta la sua gioia e della sua poesia, nell’affanno di una perenne gara con se stessi e con gli altri per vincere un bel niente, alla stregua di un incontro di braccio di ferro machista tra due egocentrici ubriaconi.

Qui comincia e finisce dunque la mia protesta silenziosa, nella speranza del ritorno di quella poesia e che quando parlerò di nuovo con qualcuno di voi nella vita reale, si potrà parlare di verde e di sole, di uccellini e di pensieri, e non di sterili barriere architettoniche e di qualche rocambolesca dimostrazione di bravura su queste ultime. Quello lo lascio volentieri fare ad altri. Altri che, spero, avranno voglia di condividere il loro DIY con me.

Andrea Calgaro, Bs Noseblunt, foto Federico Casella

Hanno collaborato a questo articolo
Pietro Tirelli

Pietro scrive e cura le illustrazioni di Fotta. Lo fa quando non è a Parigi a frequentare il jet set, in tour a fare il pro skater, o in generale a fare la rockstar. Dietro ai tatuaggi nasconde un animo gentile, che colleziona macchinine e pedali per la chitarra.

Pubblicato a pagina 40 di Fotta numero 3 - settembre ottobre 2022

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