Fotta

Piove, governo ladro.

Foto: Federico Casella Testi: Alessio Giovannelli, Federico Casella

Vittorio Galetti, Bs Nosegrind, foto Federico Casella

Primavera, le giornate si scaldano e si allungano, si esce dal letargo invernale e si risveglia la fotta. È il momento per rimettersi in viaggio, per riempire un paio di macchinate e andare a vedere cosa c’è da skateare oltre l’orizzonte.

Una lista di skater, qualche telefonata, un gruppo WhatsApp e una mappa degli spot che vogliamo visitare. Veloce rotazione sulle piattaforme di booking per trovare posti dove dormire. L’organizzazione oramai è ben rodata e viene gestita agilmente, la fotta di partire spinge, le presenze sono confermate, le date anche, si parte.

E piove.
Governo ladro.

Ma cosa fai quando hai chiamato dodici persone per andare a skateare e dopo il primo giorno si mette a piovere dappertutto? La chiudi così e scrivi un racconto di momenti passati a guardare la pioggia scivolare sulle finestre di un ostello, raccontando la noia provata aspettando che gli spot si asciughino?

Figuriamoci. Oramai siamo in strada, l’avventura è iniziata e siamo tutti d’accordo: non ci faremo mettere sotto dal meteo.

Alex Borgatti, Bs Tailslide, foto Federico Casella

Luca Crestani, No-Comply Polejam, foto Federico Casella

Fanculo i piani, andiamo in freestyle.

“Terracina troppo incerto.”
“Guardiamo Termoli.”
“I local di Terni ci hanno mandato un bel po’ di spot.”
“Sì ma piove anche lì, cazzo.”
“Forse Tango ci riesce ad ospitare tutti a Pesaro.”
“Lo chiamo subito.”
“Dice che il cielo è coperto ma ancora non piove, sono poco meno di trecento chilometri, se partiamo ora abbiamo ancora un’ora di luce per skateare uno spot lì.” “Andiamo.”

Bastano una quindicina di telefoni sintonizzati su altrettanti servizi di previsioni meteo per triangolare e trovare lo spot asciutto più vicino.

Abbandonato ogni piano originale e avendo l’ospitalità romagnola e abruzzese dalla nostra parte abbiamo vagato per una settimana per il centro Italia senza mai sapere dove saremmo stati tre ore dopo ma con la certezza di cosa avremmo fatto: skateare.

Da Vasto a Bologna, passando per Pesaro, Cesena, Roseto, Fossacesia (da oggi rinominata Fottacesia), abbiamo trovato spot nuovi, skateato dei grandi classici e scoperto piccole leggende metropolitane.

Will Odiete, Bs Boardslide, foto Federico Casella

Samuele Guidi, Fs 5-o, foto Federico Casella

Che figata passare da un paesino di cinque strade con più trattori che auto e sentirsi dire che lì Mauro Caruso ci ha fatto 5050 a sgappare.

Quando la buona riuscita della session parte incerta a causa del meteo, non si può rischiare che altri fattori esterni si mettano in mezzo, bisogna usare tutte le frecce che abbiamo al nostro arco, tutte le tecniche.

Arrivati allo spot, mentre gli altri si riscaldano, vado con la macchina fotografica in mano a fare amicizia con i local. Compro un panino dall’alimentari della piazza, chiacchiero col giornalaio e gli faccio vedere la rivista, scambio due battute con i vecchini che lanciano le briciole ai piccioni, bevo un caffè al baracchino: faccio amicizia e spiego chi siamo e cosa stiamo facendo.

Costruisco lo scudo di persone che si metteranno a discutere con la vecchia incazzata, che all’arrivo della municipale urleranno di lasciarci stare, che non stiamo facendo niente di male. Questo si è rivelato fondamentale, permettendo a Nikolai e ad Alberto di continuare a filmare allo spot davanti alla pattuglia dei carabinieri che ci stava facendo domande e prendendo i documenti.

Poi le nuvole, poi la pioggia. Di nuovo in marcia.
“Ragazzi come siamo messi a gambe? Cerchiamo un altro spot?”
La risposta non è mai no.

Ramon Campanella, Fs Bigspin Heelflip, foto Federico Casella

Vittorio Galetti, Fs Feeble, foto Federico Casella

Il freestyle è diventato religione e la sera, quando le session sono finite e la carovana si ferma, si riaprono le danze. Viaggiare con un grande gruppo di persone fa sì che ogni pasto diventi una specie di pranzo di Natale, in cui tutti partecipano cucinando qualcosa.

Non sappiamo quasi mai dove dormiremo, né in quanti saremo, ma sappiamo che mangeremo bene. Ad ogni spot ci raggiunge qualcuno per skateare e chi può si aggrega e viaggia con noi per qualche giorno.

Si potrebbe continuare a raccontare tanto di questo tour, ma per non rubare troppo tempo facendoti leggere il resoconto delle nostre vacanze, e per evitare di confessare su carta stampata tutti i reati che abbiamo dovuto compiere per portare a casa il footage, ecco la ricetta delle rustelle (arrosticini) così come viene tramandata a Lanciano d’Abruzzo. Che è comunque una cosa importante e che dovresti sapere, sicuramente la più importante che ho imparato io in questo viaggio.

Elizabetta Dovzly, Fs Pop Shove-it, foto Federico Casella

L'arrosticino si prepara con carne di pecora o castrato, comunque di un ovino giovane.

Per il taglio della carne ci sono tante finezze e linee di pensiero, la cosa più importante è che sia fatto in modo che il grasso, una volta infilati gli stecchini, formi delle linee continue nella carne. Osservando una fila di arrosticini, le linee di grasso tendono a completarsi. Questa caratteristica è la garanzia di un arrosticino di qualità, e del fatto che siano stati evitati i nervi durante la fase di taglio. Esistono poi i tagli industriali, dalle forme regolari, e quelli fatti a mano, solitamente più cicciotti e, detto tra noi, tutta un’altra storia.

Effettuato il taglio si vanno ad infilare tutti gli stecchi e l’arrosticino è pronto per essere messo sul fuoco. La brace, vivissima, va preparata ovviamente sulla canaletta.

La canaletta è l’unico modo in cui è consentita la cottura degli arrosticini. Infatti gli stecchini, o manici, non devono mai venire a contatto con il calore della brace, in quanto annerendosi darebbero un cattivo sapore alla carne.

La forma della canaletta, larga esattamente quanto una rustella e lunga quanto la tua fame, previene tutto ciò. Le forature sulla parete laterale permettono poi la giusta aerazione e ricircolo dell’aria, garantendo una brace sempre viva e un affumicazione della carne che la insaporisce ulteriormente.

La brace all’interno della canaletta deve essere cazzuta. Rossa.

Una volta confezionati, gli arrosticini vanno messi in fila. Anche qui esistono diverse correnti di pensiero, noi consigliamo di non metterli uno attaccato all’altro, ma di lasciare in mezzo un pochino d’aria e di girarli il meno possibile.

Il tempo di cottura è quello sufficiente a far fare la crosticina sul grasso. Durante questi pochi minuti, la fila va girata al massimo un paio di volte. A cottura ultimata se ne fa un bouquet e li si sala. Sull’arrosticino è consentito mettere sale e nient’altro.

Vanno serviti caldi, e ovviamente con fiumi di vino rosso.

Ogni abruzzese ha il suo modo di cucinare le rustelle e crede che il suo metodo sia il migliore, un po’ come la posizione dei piedi per Kickflip, ma se la canaletta è quella giusta, la brace è sufficientemente calda e la pecora sufficientemente grassa, tutto andrà a finire per il meglio, anche con la pioggia.

Will Odiete, Ollie Over, foto Federico Casella

Hanno collaborato a questo articolo
Federico Casella

Qualcuno l'ha definito l'ultimo intellettuale di sinistra di questo paese e puoi trovare il suo zampino più o meno dietro ogni aspetto di Fotta. Oltre che allo skateboarding si dedica alla musica e al giardinaggio.

Pubblicato a pagina 18 di Fotta numero 6 - maggio giugno 2023

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