Fotta

Skateboarding 1 — Merda 0

Foto: Alessandro Formenti Testi: Alessandro Formenti

Angelino Sisto, Fs Sweeper, foto Alessandro Formenti

È bello passare del tempo nella propria home-town… la mamma ti cucina il risotto, gli amici ti fanno assaggiare i fiori migliori, i ragazzi del bar ti regalano calici di vino per festeggiare il tuo passaggio in città e le caprette ti fanno “ciao”... Come in quel vecchio cartone animato che sicuramente non conoscete. E non me ne stupisco, visto che mi sembra strano che il lettore medio della rivista possa conoscere un anime giapponese del 1982 che parla di una bambina che abita sulle Alpi svizzere con il nonno e, appunto, le già citate caprette. Heidi, questo il nome della bambina protagonista del cartone, aveva un cuore d’oro, era la migliore amica della ragazza ricca del paese (una bambina bionda costretta sulla sedia a rotelle a causa di una caduta) e girava per le montagne con il suo amichetto, il pastorello Peter. Non sono mai riuscito a capire per quale motivo la bambina abitasse con il nonno e che fine avessero fatto i suoi genitori ma si sa che i cartoni animati giapponesi sono pieni di mistero e lacrime… quindi non mi sono mai fatto troppe domande al riguardo. A dire il vero non sono mai stato neanche un grande appassionato di cartoni giapponesi. Li ho sempre ritenuti troppo simili tra di loro, a livello di disegni; e poi quegli occhioni cosí grossi per fare tenerezza, not my stuff. Dalla parte opposta non mi è mai interessato molto neanche un cartone tipo Ken il guerriero, più violento senza dubbio ma, a causa della censura italiana, limitato nelle scene più interessanti, cioè quelle dove i nemici sconfitti esplodono in 1000 pezzi grazie a soli piccoli tocchi di qualche maestro della Sacra Scuola.

Il Giappone è però lontano dal campo di azione dalle fotografie che vedete in questione, dato che sono state scattate in una zona di poche decine di chilometri quadrati, nei dintorni di Milano. Perché così vicino, direte? Per comodità, come prima risposta, e anche per il fatto che, a causa di una mia assenza dal suolo natìo che dura ormai da qualche anno, mi sono accorto che gli spot, in quella zona e praticamente in tutta Italia, sono aumentati parecchio. Non ci credevo ma, ogni volta che giravo l'occhio o chiedevo in giro, vedevo uno spot a me sconosciuto, oppure uno vecchio dimenticato ma ripreso ad essere usato dalle nuove generazioni. Ottime notizie per le mie orecchie, goduria per i miei occhi.

“How does it feel to be on your own?”. Queste parole fanno parte di una canzone di Bob Dylan che, per caso, sto ascoltando ora. Non sono mai stato un fan del vecchio Bobby, anzi, non mi é mai piaciuto, ma la canzone è ottima, soprattutto la versione di qualche decennio dopo dei Rolling Stones, che preferisco di sicuro al compare americano. Nei giorni passati a casa non mi sono mai sentito solo, ero sempre a fotografare e, prima di questo, al telefono ad organizzare le mission.

Niente TV per me: mai mai mai capirai. Ma non sono qui per insegnarvi nulla, per carità, anzi.

Mi sono trovato così alla cornetta del telefono a prendere appuntamenti per andare in posti che non conoscevo e, molte volte, a scattare con persone che avevo conosciuto la sera prima. Ma è questo una delle cose belle dello skateboarding, right? Ci sono tante cose fighe nello skateboarding, ma la migliore, secondo me, è vedere come la gente si impegna per portare a casa i propri tricks. Mi è capitato di fare due scatti ed avere la foto bella e pronta quasi subito, come mi è capitato di passare una sera ghiacciata in un parcheggio di un centro commerciale brianzolo aperto fino alle 22, con gli ultimi clienti e gli impiegati che ci guardavano come se fossimo degli stronzi, chiedendosi per quale motivo un quasi ventenne (lo skater in questione) e un quasi cinquantenne (il pirla che sta scrivendo) stessero lì a prendere freddo, quando avrebbero potuto essere a casa a guardare la TV. Niente TV per me: mai mai mai capirai. Ma non sono qui per insegnarvi nulla, per carità, anzi. Non avete ancora imparato per i fatti vostri? Non preoccupatevi di chiamarmi, troverete mie notizie sulle pagine della rivista.

Thomas Impiciato, Fs 5-o, foto Alessandro Formenti

A proposito di riviste: avete per caso visto l’articolo di Incompiuto uscito su Thrasher qualche anno fa? Sarebbe uno dei miei sogni pubblicare delle foto su Thrasher, ma per ora è uscito solamente un articolo a mio nome, scritto appunto per l'occasione dell’uscita del video Incompiuto che io e Mauro abbiamo prodotto con La Dolce Vita. Ecco un po' di pubblicità occulta. Ma ce la meritiamo? Chi si merita qualcosa, oggigiorno? Stavo vedendo un video online e il giornalista in questione spiegava che, per distruggere completamente il nostro pianeta basterebbero solo cinquanta bombe atomiche, e che l’arsenale complessivo, in tutto il pianeta, di tali armi di distruzione ammonta a quindicimila unità, distribuite tra le varie nazioni che “ne hanno bisogno”. Alla fine del monologo il giornalista esprimeva il suo pensiero riguardo al fatto che se il pianeta eccede di 14.950 unità di questo tipo è per due motivi: il primo è che siamo malvagi, il secondo è perché siamo coglioni. E ci credo. Coglioni.

Come me e Davide Cattaneo, penso.
Cosa ci facevamo, io e lui, in uno skatepark in cemento (praticamente abbandonato) della provincia inutile, in piena mattina di una stupenda giornata di sole? Facevamo quello che ci piace di più. Semplice. La canzone che sto ascoltando ora si chiama “Relax”, dei Frankie Goes to Hollywood e, quando ero piccolino non ne capivo il significato intrinseco ma, una volta cresciuto e compreso il messaggio, ho capito che l'ambiente non era il mio e che preferivo altro.
Io e Dave, quella mattina, non eravamo di sicuro in relax, ma decisi e determinati a fare quello che “dovevamo” fare. Skateboarding. Questo è quello che mi è sempre piaciuto. Non c'è nulla al mondo interessante come lo skateboarding, a livello di “sport” (scusate il termine, ma tra chiamarlo “sport” oppure “art”... non so quale mi faccia più ridere…). Ma non siamo qui per farci pippe mentali su questo o quello, perciò lasciamo perdere il discorso e parliamo di altro.

Non tutto è oro quello che luccica, così come alcune panchine che abbiamo skateato nella città di Milano: a vederle da lontano sembrano belle ma, a mano a mano che ci si avvicina, ci si accorge che non sono solo brutte da skateare ma, cosa peggiore, sono soprattutto scomode per sedersi.
Come è possibile che una città così autorizzi la produzione di simili oscenità? Come è possibile che esista addirittura una mappa pubblica dei comuni italiani commissionati per mafia? Per quale motivo esistono delle cose inquinanti come le navi da crociera? Potete fare spallucce e scrollarvi le domande di dosso, potete skateare per l’ennesima volta lo spot dietro casa ormai distrutto, oppure potete andare in Stazione Centrale e provare a vedere se sono riusciti ad importare in Italia il fentanyl… io mi auguro di no.

Grazie al cielo, diventando più vecchio e stronzo, sto iniziando a capire che è meglio utilizzare il tempo in un altro modo, quindi vi consiglio, se siete da queste parti, di chiamare Carlo Jambe e farvi portare in giro per spot, non ne rimarrete delusi. Ti voglio bene, Charlito, non smettere mai di credere nello skateboarding. Ecco, lui sì che è stato miracolato da questa tavola a quattro ruote. Glielo leggi negli occhi ogni volta che lo vedi e questo mi può fare solo piacere. Non miracoli finti, né fasulle stigmate sulle mani o libri magici, ma solo pura passione, dedizione e impegno. Tutti elementi che dovrebbero caratterizzare ogni rider ma la maggior parte delle volte non è così. Contate soprattutto la fortuna: posto giusto momento giusto e siete a posto. Ma questo non può capitare a tutti. Quelli a cui capita può essere considerata la classe privilegiata, gli altri, essenzialmente, se la pigliano in quel posto. Questa frase, tradotta in italiano, l’ho rubata ad una band che mi piaceva molto, da ragazzino. Riuscite a dirmi il nome della band e canzone? Non credo.

Marco Mantegazza, Bs Bluntslide, foto Alessandro Formenti

Ho paura che siate ormai troppo abituati (o, per meglio dire, fregati) ad “artisti” che fanno massiccia dose di Auto-Tune per vendere il loro prodotto che, senza quel macchinario, non venderebbero mai. E lo sapete anche voi che li comprate. Ma che ci potete fare, il Diavolo veste Prada, can che abbaia non morde e la madre degli idioti è sempre incinta. E, sempre restando in tema familiare, una volta mi hanno detto che mio fratello era figlio unico ma non ci ho mai creduto, come non ho mai creduto che siamo tutti “fratelli” o tutti uguali. Per carità, il mondo è bello perché è vario anche se, come nel caso della foto che ho scattato a Miki Mauri, si tratta dello stesso spot della foto di Charlito. Scusate ragazzi, non mi permetterò mai più una cosa simile. È che quando ho scattato la foto a Charlie, Miki non poteva venire e quindi siamo dovuti tornare allo stesso, fantastico, spot qualche giorno dopo. Ma ogni volta che gli scatto delle foto sono contento, perché è uno di quei kids che ho visto crescere ed anche lui è stato salvato da questa cosa qui. Letteralmente. In più di un'occasione mi ha detto che se non fosse stato per lo skateboarding sarebbe finito chissà dove e in compagnia di chissà quale personaggio.
Aaaaahhhh che belle parole: Skateboarding 1 - Merda 0.

Ma io non guardo indietro con rancore, come cantava una orribile band di cui preferisco non fare neanche il nome, ormai preferisco farlo nella direzione opposta, anche se non riuscite a leggere la mia poker-face. Sappiate che vi voglio bene, nonostante Pepe mi abbia detto, l'ultima volta che l'ho visto a Torino, che sono un “cunt”.
La parola ha, tradotta, un doppio significato, uno maschile e uno femminile, diciamo. Penso che lui intendesse quello maschile, anche se ci si può aspettare di tutto da quel ragazzo. L'ho visto cadere da un tetto, in Sicilia, e atterrare di schiena sull’asfalto, spaccarsi in quattro ed essere portato via in ambulanza, avvolto dal sangue. Una scena terribile, che ho filmato ma che, ovviamente, non ho mai rivisto.
Chi è così fesso da rivedersi una scena simile? Non io di sicuro. Preferisco vedere altro. Ad esempio, il clip che ho visto l’altra sera: Bobshirt con l'intervista a Guy Mariano, un fantastico documento su una parte della storia dello skateboarding. Storia. Quell’elemento che, in una delle mille chiacchierate con Peppe Romeo, mi ha sempre detto che, secondo lui, manca alla maggior parte delle nuove generazioni.

Se vi trovate da qualsiasi parte e siete colpiti da un attacco di diarrea, se avete nelle vicinanze una rivista potete salvarvi. Avete mai provato a pulirvi il culo con un telefono cellulare?

Si dice sempre di non dimenticare la storia, ma visto come sta andando il mondo nell'ultimo periodo, non solo ce ne stiamo dimenticando, ma c’è anche chi sta provando a riscrivere quello che è già stato scritto. Attenti a dove mettete il cervello, kids. Ci sono tanti posti dove infilarlo ma quelli che non vi consiglio sono la cacca e la bambagia. Il primo perché puzza il secondo perché vi accomoda e vi rende stupidi.
Vi consiglio il cemento, piuttosto. Ma non come le scarpe dei gangster. Intendo quello impastato, mescolato e gettato per la più nobile delle cause: skatepark.

Non voglio entrare nell'argomento perché non è il mio ma vi chiedo solo un favore: per carità, vi prego, vi scongiuro, fateli bene, scegliete i disegni giusti, costruiteli con pazienza e amore, non siate né avidi né superficiali. Se questo è il momento giusto per farlo approfittatene, ma fatelo bene, per l’amor del cielo o di qualunque cosa crediate voi. Ricordatevi che serviranno per le generazioni future e che se non funzionano per quelli che ci sono ora, non funzioneranno mai per quelli che arriveranno dopo.

Simone Chiolerio, Fs Boardslide, foto Alessandro Formenti

Scrivo questo perché, recentemente, sono stato in uno di questi posti ma era ancora troppo presto per fare commenti, era ancora all' inizio, ed è stato un piacere vedere l'amore (e i soldi!) che locals e amici mettono sul piatto per ottenere qualcosa. Sudore e sbattimento sono le cose che contano molte volte. Mi rendo conto che sto scrivendo queste parole per un articolo che finirà su una rivista stampata su carta… nel 2024… Una cosa che sembra impossibile ma vi garantisco che, la carta stampata, può essere la vostra salvezza, a discapito di clip inutili di 48 secondi e video che lasciano il tempo che trovano, di cui molte volte si tratta solamente di sequenze di tricks con una musica accattivante sopra.
La carta è diversa, ha un profumo, uno spessore e, soprattutto, se vi trovate da qualsiasi parte e siete colpiti da un attacco di diarrea, se avete nelle vicinanze una rivista potete salvarvi. Avete mai provato a pulirvi il culo con un telefono cellulare?

Hanno collaborato a questo articolo
Alessandro Formenti

Originario di Seregno, naturalizzato siciliano in seguito a dieci anni di direzione dei progetti La Dolce Vita, vive a Berlino da quindici anni e tutt’ora se ne infischia di imparare il tedesco.

Pubblicato a pagina 26 di Fotta numero 11 - settembre ottobre 2024

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