Superfici superficiali: a Milano si alzano i tombini
Foto: Federico Casella Testi: Igor FardinTombini, prese d’aria e botole hanno una serie di cose in comune: stanno per terra, di solito non le guardi, sono di metallo (spesso piacevolmente rumoroso) e possono facilmente diventare dei bump. Queste superfici che dividono il sopra e il sotto, senza veramente prendere parte né all’uno né all’altro sono diventate negli ultimi tempi una delle attrazioni mondane più ricercate nello skateboarding milanese.
I bump di Centrale [A] hanno già raggiunto una certa fama anche tra i turisti dello skateboarding, spesso stranieri, che a Milano sono sempre più numerosi. A questi se ne stanno aggiungendo sempre di più, grazie agli skater milanesi che continuano a cercarli ed alzarne sempre di nuovi.
La cosa comunque non nasce qui e soprattutto non nasce ora. Si pensa che la prima apparizione di questo tipo di spot DIY sia la famosa mattonella-to-bidone di Love Park a Philadelphia. È difficile dirlo con certezza, ma pare che la prima foto di un trick fatto da uno street-bump sia un 360 Flip di Keith Hufnagel a Love, anche se probabilmente la vera scintilla che ha fatto scoppiare la moda degli street-bump è stata l’Ollie di Ricky Oyola oltre due bidoni, uscito su 411. Da qui a l’iconico 360 Flip di Josh Kalis fotografato da Mike Blabac, la strada è breve, e da lì in poi gli esempi non si contano più.
Anche se questa è la nascita degli street-bump, ovviamente le jump ramp, di legno e quasi sempre con una transizione, si skateavano già molto prima di Love Park, e forse i passanti che si sono fermati a guardare quella session famosissima, più che a Kalis pensavano a uno sbarbato Josh Brolin che, nei panni di Corey Webster nel film Trashin’, svolazza nel cielo terso della California. O forse no.
Fatto sta che oggi, durante le session ai bump milanesi, invece dei soliti commenti del tipo ”Non è fatto per quello”, “Così lo rompi!” e “A casa tua fai così?”, gli spettatori improvvisati sembrano accogliere di buon occhio la temporanea trasformazione di tombini e botole in bump. Forse perché uno street grab via da una bicicletta [A] sta perfettamente tra Corey Webster e Josh Kalis o forse per via di quel piacere che si prova quando tutto d’un tratto una cosa diventa di nuovo possibile, potenziale. Dimenticandosi della ricerca che architetti e ingegneri hanno messo nel creare griglie capaci di non far scivolare chi ci cammina, e botole abbastanza sicure per tenere separato quello che sta sotto da quello che sta sopra; i bump smettono di essere superfici e diventano superficiali, frivoli, leggeri. E, più che un’appropriazione, skateare i bump ci permette di intravvedere una sospensione. Una specie di apertura verso delle possibilità che non possono essere estinte da un Ollie [B] o un Heelflip [C] o da un qualsiasi altro trick. La foto di un trick più che limitare le possibilità dell’uso di uno spot, ne apre delle altre, più o meno innovative.